Quinquennale in Psicologia
” Stile narrativo e rappresentazione di se nei tossicofilici “
– una ricerca empirica in alcune comunità terapeutiche –
Introduzione:
L’obiettivo del presente lavoro di tesi è quello di esplorare la rappresentazione di sé in un gruppo di tossicofilici, partendo dal presupposto che sia possibile farlo attraverso lo studio delle modalità autodescrittive. In altre parole possiamo dire che è possibile studiare la rappresentazione di sé osservando il modo in cui una persona si racconta. La parte teorica della ricerca è centrata sulle teorie che si sono occupate del sé, della rappresentazione di sé, e dell’identità. Parallelamente si occupa anche dei processi di tipizzazione e di stigmatizzazione in cui incorrono i tossicofilici.
Con il primo capitolo si è messo in evidenza come le rappresentazioni di sé o le rappresentazioni della “personalità” altrui, possono organizzarsi in “schemi di tipizzazione della personalità”.
Nel secondo invece ci si è occupati dell’ “identità” adottando una prospettiva costruttivistica e interazionista, e più nello specifico si è affrontato secondo tali prospettive il problema dello stigma.
Infine il terzo capitolo, ponendosi in continuità con il precedente, ha sviluppato una concezione del sé e dell’identità, all’interno di un paradigma “narrativistico”.
La ricerca: Soggetti e obiettivi
La ricerca è stata condotta in un gruppo di 168 tossicofilici, residenti in 15 comunità di recupero dislocate nelle regioni Puglia e Basilicata.
In linea con quanto detto, per studiare la rappresentazione di sé, è stato proposto ai tossicofilici un questionario di autodescrizione libera . Agli operatori delle comunità è stato proposto un questionario che chiedeva loro di descrivere i tossicofilici.
La ricerca si articola in quattro parti distinte:
– Nella prima si sono studiate le autodescrizioni dei tossicofilici in due contesti differenti: quando si considerano come membri di una comunità di recupero, e quando si descrivono come persone in genere. Ciò ha dato la possibilità di osservare se la rappresentazione di sé cambi a seconda del contesto in cui ci si considera. Nella seconda parte della ricerca, si sono messe a confronto le autodescrizioni dei tossicofilici quando si considerano in una comunità di “recupero”, con le descrizioni che danno di loro gli operatori delle comunità. Questo ha permesso di rilevare se la rappresentazione di sé dei tossicofilici “coincida” o meno con la rappresentazione che hanno di loro gli operatori delle comunità.
– Dopo aver individuato tre tappe di cammino terapeutico, nella terza parte della ricerca sono state studiate le autodescrizioni dei tossicofilici appartenenti ad ogni singola fase rispetto alle altre. In tal maniera si è studiato l’andamento delle autodescrizioni in funzione delle tre fasi di cammino terapeutico, così da mettere in evidenza un’eventuale corrispondenza tra il modo di raccontarsi e le peculiarità di ogni singola fase.
– Infine la quarta parte ha preso in considerazione tutte le eterodescrizioni degli operatori e le autodescrizioni dei tossicofilici mettendole in relazione alle diverse variabili prese in esame.
Risultati e conclusioni:
Nella prima parte della ricerca, è emerso che i tossicofilici quando si considerano come ospiti di una comunità terapeutica, si descrivono o come persone che hanno dei problemi, o come persone con qualità negative. Per contro se si considerano come persone in genere, si attribuiscono qualità positive e descrivono i loro gusti.Le autodescrizioni quindi fanno riferimento a due distinti “repertori narrativi” o “repertori discorsivi” che vengono adoperati asseconda di come ci si considera nel contesto. Più nello specifico si è riscontrato che quando i soggetti si considerano come membri di una comunità di recupero, fanno uso delle “tipiche descrizioni del tossicodipendente” presenti nel senso comune.
I risultati della seconda parte della ricerca mostrano che la maggior parte delle descrizioni adoperate dai tossicofilici sono state utilizzate anche dagli operatori, quindi è emersa una certa “coincidenza” tra auto ed etero descrizioni. Analizzando le variabili nei resoconti degli operatori, si è rilevato che gli psicologi e gli psicoterapeuti, a differenza degli operatori ex tossicofilici adoperano definizioni degli ospiti proprie dei loro quadri teorici di riferimento e delle loro categorie concettuali. Si è riscontrato poi che i tossicofilici dal canto loro, hanno “imparato” tali definizioni e le hanno adoperate per descriversi.
Accanto a descrizioni di tipo “tecnico”, si è notato l’uso di descrizioni e forme verbali “tipiche di una comunità”, frequenti nei resoconti dei tossicofilici e degli operatori ma del tutto assenti nel linguaggio corrente. Pare dunque che in questo tipo di contesto ci sia “la formazione e la trasmissione di linguaggi specifici”. Dai risultati della ricerca si evidenzia che nelle rappresentazioni di sé le autodefinizioni dei tossicofilici sono assimilabili a forme d’identità tipizzata, ovvero conformi ai modelli prototipici e stereotipici del senso comune e del sistema etico-normativo retrostante. Inoltre ciò accade anche per le descrizioni sui tossicofilici che danno gli operatori.
In seguito alla coincidenza tra auto ed etero-descrizioni, pare che in un contesto normo-regolativo (quale quello di una comunità terapeutica di recupero) anche le modalità descrittive vengano condivise assieme ai valori, alle regole e alle norme di condotta. In altre parole se i tossicofilici si sono raccontati come “tossici”, gli operatori hanno “restituito” loro questa immagine, oppure se i tossicofilici hanno dato una rappresentazione di sé conforme allo stereotipo di deviante, gli operatori hanno “rinforzato” tale rappresentazione di sé.
Dunque il processo terapeutico riabilitativo e di rieducazione effettuato dalle istituzioni consolida un’autopercezione negativa di sé. “I processi di ristrutturazione della propria identità nei soggetti in trattamento vanno incontro all’effetto di amplificazione dell’autopercezione deviante “.
In definitiva dai risultati della ricerca, il lavoro si può inserire nella tradizione di ricerca dei teorici dell’etichettamento sociale, e degli studiosi sulla devianza. Infatti si sono confermate ipotesi secondo cui l’etichetta di “tossicodipendente” conferisce “l’identità di deviante” assunta in seguito dai soggetti che ne fanno proprie le sue caratteristiche peculiari.